2014 08 05 – Ramadan
e Fioretti. Psichiatria quantica, ricomposizione di opposti, new economy,
speranza e civiltà dell’intelletto.
Ordine nel caos
Il titolo è volutamente caotico.
Sembra che non ci sia alcun nesso logico, nessun ordine.
E invece il nesso c’è. Eccome.
E questa è l’essenza della complessità: ordine nel caos.
E l’ordine vince sempre.
Anche se a volte, in prima apparenza, sembra disordine.
Psichiatria quantica:
l’utilità fisica dell’esame di coscienza
Dopo alcuni appelli e scritti sui massacri in Palestina,
sempre osservando anche le altre emergenze mediorientali e no, mi sono detto
che dovevo cercare di fare di più.
Mi è venuto quindi in mente che il mio pensiero sul tema non
era sufficientemente “qualcosa”.
Non abbastanza lucido.
Non abbastanza puro.
Non abbastanza potente.
Non abbastanza fremente.
Non so bene cosa fosse, ma sapevo che mancava qualcosa.
La mattina del 1 agosto 2014 mi sono svegliato con la nitida
idea che il problema era che questo pensiero fosse ancora inquinato o avviluppato
in una o più interferenze.
E che queste interferenze riverberassero o risonassero nella
testa di chi continuava a fare la “guerra” determinando il massacro di un sacco
di gente.
Insomma, la mia idea era che tanta pazzia voleva dire che
c’era qualcosa che li facesse “suonare (vibrare) male”. In dissonanza. In distorsione.
La prima interferenza
Sicuramente la prima interferenza era data dal fatto che è
sempre facile giudicare e pensare seduti nella comodità di casa propria.
E questa è una interferenza energetico – ideativa.
Che certamente alimenta un flusso di quanti psichici, di
onde, ma trasmettendo su di una frequenza non completamente omogenea rispetto a
quella ricevente.
Producendo, di fatto, una distorsione.
La seconda interferenza
Ma poi mi è venuto in mente che ci potessero essere anche
interferenza chimiche.
L’alcol in primo luogo. Anche se non sono un alcolista, era
mia abitudine a fine giornata cercare di “spegnermi” il cervello per
addormentarmi di sasso e questo obiettivo veniva raggiunto con un paio di
bottiglie di vino su “letto” di psicofarmaci (regolarmente prescrittimi) assunte
a partire dall’ora dell’aperitivo.
Troppo comodo, mi sono detto.
Anzi di più: ma come ti permetti di scrivere su queste cose
e poi premiarti con “l’aperitivo”?
Anche in questo caso mi è oramai evidente come si generino
vibrazioni dissonanti e distorcenti.
La terza interferenza
E’ il solito potenziale di importanza. Il mio, però. Non
quello altrui. Bisogna sempre partire da se stessi. Sapete, la storia della
trave e della pagliuzza.
Ho già scritto che l’importanza alimenta le configurazioni
energetiche negative. Al contrario, se non do loro retta, spesso svaniscono da
sole. Non è una mia idea, ma è calzante.
In questo caso, parlo di quelle configurazioni energetiche mie
interiori. Che però possono inquinare il mio pensiero, sporcarlo, e così
facendo renderlo meno fisicamente penetrante. Di fatto più debole.
Si badi che non parlo di modi di dire o generiche
impressioni. Parlo della reale capacità fisica delle onde psichiche di compenetrarsi
con quelle altrui.
Il fatto è che è sempre in agguato la tentazione di sentirmi
importante. So anche che può essere vero, ma esiste in me un meccanismo di
bilanciamento per cui mi “metto in guardia da solo”. E mi contrappeso in qualche modo.
Ma il punto non è questo.
Il punto è che se cerco di allinearmi, con il mio eccesso di
senso di importanza, ad una configurazione energetica o frequenza di vibrazioni
carica di dolore e sofferenza, anche in questo caso creo una distorsione. E’ il
motivo per cui non condivido gli scioperi della fame mediatici, per esempio.
Sembra difficile da capire, ma è molto più facile se faccio
un esempio. A tutti noi è capitato di vivere situazioni dolorose. Un funerale
ad esempio. E penso che a tutti o a parecchi sia capitato di riscontrare in
almeno una di queste situazioni la presenza di qualcuno inopportuno. Ad esempio
che ride o sorride o non resta composto. Nella maggior parte dei casi è perché
si sente importante, estraneo, al di sopra, o al di fuori (che sono tutti modi
di dire la stessa cosa).
Il risultato finale è che “rovina l’atmosfera”. Proprio perché
ha creato una distorsione.
Perché sta partecipando per se stesso.
Senza compassione, senza condivisione.
Di fatto sta assorbendo energia per se stesso.
La ricomposizione
degli opposti
Allora mi sono detto che dovevo fare qualcosa. Essendo di
estrazione cristiana mi sono venuti in mente i fioretti.
Si ma fioretto di che tipo ?
A questo punto mi è venuta in soccorso “l’unitaria complessità”,
per contrasto con la nostra abituale occidentale dicotomicità. Quella che fa si
che possiamo concepire come contrapposte e distinte due categorie che di fatto
sono invece entrambe parte della categoria “umanità: il noi da una parte e gli
altri da un’altra.
E mi sono detto che per raggiungere il compimento finale
della civiltà dell’intelletto, prima ancora di rendere la conoscenza omnipervasiva,
si deve partire dalla ricomposizione degli opposti. Non “ricongiunzione”,
che è concetto lineare, ma proprio fusione.
Quindi, dato che sono cristiano, mi sono detto che dovevo
fare qualcosa di islamico per allineare le mie vibrazioni a quelle delle
persone uccise o sofferenti. E solo così facendo avrei sottratto energia a coloro
che di queste persone stavano determinando il massacro.
Per fare questo ho pensato però che prima di tutto dovevo
privarmi di qualcosa.
Dovevo almeno mettermi in condizione “privativa”, seppur mai
lontanamente assimilabile alle loro, e non neutrale che è concetto
potenzialmente menefreghista.
Allora ho avviato il Ramadan.
Dal primo di agosto 2014 sono nel mio Ramadan privato e un
po’ alterato. Non credo che sarò mai un integralista per cui mi sono concesso fumo
e caffè durante il giorno. Ma in compenso ho abolito del tutto l’alcool, anche
di sera, e assumo cibo in misura molto controllata solo la sera tardi. Pure sulle
pratiche sessuali posso confermare che sono in astinenza.
Adesso bisogna vedere se nel medio periodo la forza del
pensiero rivolta a chi soffre sarà davvero più forte del “chi se ne frega”. Ma
di sicuro questo esercizio, spirituale e fisico, mi focalizza costantemente l’attenzione
sul motivo per cui lo faccio.
Ogni piccolo morso di fame mi riporta l’attenzione a quelle
persone.
E so che così facendo immetto energia su di una frequenza
più simile a loro, che seppur ancora lontanissima dalla loro. almeno sarà dello
stesso “segno”. Sempre parlando in termini fisici.
Consofferenza e non osservazione. Compatimento e non
pietà.
E ciò, nella mia testa, dovrebbe contribuire a dar loro un
maggior “peso, o massa, vibrale”.
Chi pensa a noi.
Mi ha colpito un uomo disperato ripreso tra le macerie dalle
telecamere che gridava solo “chi pensa a noi?”.
Ecco, io ci penso. Per quel che vale.
E spero che queste vibrazioni si diffondano e arrivino fino
al punto giusto: quello in cui succede qualcosa che fa cambiare lo status quo.
Infatti, esiste sempre un singolo punto di svolta, di
rottura, di inizio. Quello nel quale interviene un fatto che altera lo status
quo. L’equilibrio esistente.
Cerco di seguito di spiegarmi.
Il pensiero marginale
nella civiltà dell’intelletto
In economia esiste il concetto di utilità marginale.
L'utilità marginale di un bene è concetto cardine della
teoria neoclassica del valore in economia ed è definibile come l'incremento del
livello di utilità, ovvero della soddisfazione che un individuo trae dal
consumo di un bene, ricollegabile ad aumenti marginali nel consumo del bene,
dato e costante il consumo di tutti gli altri beni.
La condizione di
equilibrio afferma che ogni individuo effettua le proprie scelte di consumo
in modo che ogni singolo bene fornisca le stesse utilità marginali per euro di
spesa. Il principio di utilità marginali uguali per euro di spesa per ciascun
bene afferma che la condizione essenziale per ottenere massimo soddisfacimento
o utilità è la seguente: “di fronte ai
prezzi di mercato dei beni, un
consumatore con reddito dato ottiene
il massimo soddisfacimento quando l'utilità marginale dell'ultimo euro speso
per un bene è esattamente uguale all'utilità marginale dell' ultimo euro speso
per qualsiasi altro bene”.
Ecco, il compimento della civiltà dall’intelletto sarà fatto
quando il pensiero di qualsiasi essere umano (o forse addirittura vivente) avrà
la stessa utilità marginale di quello di chiunque altro. Così la intendo io.
7 miliardi di cervelli interconnessi (forse molti di più,
finché succederà) che fanno da sinapsi in un continuo flusso fisico di scambi
informativi, o meglio ancora ideativi.
Per arrivare a questo servirà la diffusione omnipervasiva di
ogni forma di conoscenza. Medica, tecnologica, scientifica, filosofica, etica,
religiosa e di ogni genere esistente.
E naturalmente servirà la diffusione omnipervasiva dell’
intelligenza.
Perché è la conoscenza che alimenta il libero arbitrio. E in
ultima analisi le decisioni di azione.
Ed è l’intelligenza che consente di elaborare le
informazioni per scegliere cosa decidere.
Ma non solo: ogni conoscenza sarà naturalmente asservita al
bene comune, che sarà noto a tutti.
E che pertanto non ammetterà manipolazioni oligarchiche.
Non sarà neppure immaginabile o concepibile alcuna forma di
appropriazione indebita di idee, o di utilizzo non comune.
Quando tutto questo avverrà, sarà perchè saremo in una
situazione di equilibrio, dinamico ma perfetto, che potrà essere modificata da
uno qualsiasi di questi pensieri.
In parole povere, chiunque potrà elaborare un pensiero nuovo
che serva a fare qualsiasi cosa, piccola o grande, in un altro modo migliore.
E tutti lo riconosceranno istantaneamente, senza alcun
conflitto.
E in questa situazione il valore dell’ultimo pensiero
pensato sarà uguale a quello di qualsiasi altro pensiero.
Questa è la vera speranza, nemmeno più sogno.
Un mondo senza armi, senza fame, senza malattie, senza
povertà, e soprattutto senza il danaro di oggi, dove l’unità di scambio sia invece
la nanoparticella elementare di pensiero. Lo psicoquanto.
Dove sette miliardi di cervelli siano in costante interscambio
reciproco, in un costante flusso andata/ritorno di pensieri e feedback,
Non sarà uno scambio uno a uno.
Sarà un continuum di energia omnidirezionale e pulsantemente
pervasiva che tenderà per sua natura, o struttura, a livellarsi.
A distribuirsi omogeneamente e istantaneamente proprio come un fluido nei vasi
comunicanti.
Per questo parlo spesso di Neuro.
Il Neuro è la mia idea di unità di scambio, di misurazione e
infine di moneta, di questo nuovo mondo autolivellante alla velocità della
corrente elettrica, della luce.
Non sarà un P 2 P.
Sarà un ∞ 2 ∞
Una specie di psicobaratto istantaneamente infinito.
Questa era la mia utopia, questa è la mia speranza.
I prototipi
Pensate che sia un sogno ? Una folle utopia ?
Non è così.
Sta già accadendo.
Esiste già.
E’ basata, tra l’altro, su internet.
La rete si autodetermina. E ci autodetermina.
Livella la conoscenza e il modo di essere. Basti pensare ai
social (anche se a me non piacciono), che sono un dialogo continuo.
La rete mette a disposizione la conoscenza (si pensi a Wikipedia).
Ognuno può si imparare, ma anche correggere. E dirò di più: ognuno lo deve
fare. E’ per il suo interesse.
La rete mette a disposizione le informazioni. Ormai sempre
più trasparenti.
E’ in corso un gigantesco incredibile processo di
rivelazione.
La vera apocalisse, termine il cui significato non è quello
di distruzione, ma di rivelazione, appunto.
La rete impara da noi. E ci insegna come evitare gli errori.
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Ma oggi tutto ciò è ancora lento.
Viaggia con parole, scrittura e lettura.
Mezzi di espressione e apprendimento meccanici che hanno il
loro lag di realizzazione.
Che sono limitati da processi fisici funzionanti a velocità
molto inferiori a quelle elettriche di un cervello.
Non è solo una questione di banda larga.
E’ più ampio di così.
Funzionerà quando si diffonderà “quocumque per undas”.
Dovunque attraverso le onde.
Di tutti i tipi.
E infine ci metterà tutti in Sintonia.
La vita come compito.
E’ il titolo di un bellissimo libro di Viktor Frankl,
psicologo ebreo sopravvissuto ai Lager.
Ho sentito ieri il Papa dire che chi distoglie lo sguardo
dal povero che incontra, non sta seguendo gli insegnamenti di Gesù.
E’ vero. Ha ragione. Io ieri l’ho fatto e ho sbagliato.
Proprio perché ho perso una occasione di fare una cosa
buona, e così facendo di diffondere energia positiva.
Proprio come il solito battito d’ali della farfalla.
Ricordatevi: è un processo fisico. Basato su particelle.
Non è un modo di dire.
Ma sapere di avere sbagliato mi da la possibilità di non
farlo più.
Questo è il valore della conoscenza: è lo strumento
necessario per esercitare consapevolmente il libero arbitrio.
E può darsi che un giorno un battito d’ali qualunque sarà
quello determinante per sovvertire, o meglio evolvere, il sistema dominante.
Anzi ne sono sicuro.
Per ora io ci provo con il Ramadan. Che sia il pensiero
marginale che farà fermare la guerra?
Ci sarà un momento in cui l’ultimo pensiero marginale
poggerà su un sistema talmente forte ed equilibrato che il suo singolo fremito
farà girare il mondo mettendolo su una nuova bellissima, migliore rotta.
Ma prima si sarà dovuto combattere in ogni sottocomponente
di questo sistema attuale.
Che si modificherà grazie al fatto di essere “cresciuto”, o
forse meglio “sviluppato” così tanto, da potere permettere a qualsiasi suo
appartenente di cambiarlo. E anzi non solo di permettere, ma addirittura di
pretenderlo.
E’ per questo che bisogna provarci sempre.
In ogni istante.
La vita è una infinita sequenza di istanti, in ognuno dei
quali si può e si deve fare la differenza. Su piccole e grandi cose indistintamente.
In questo modo, ogni istante diventerà tutta la vita.
Questo è il compito.
La speranza. Questo
mondo è il migliore che sia mai esistito
Non è un mio pensiero. Non solo. Lo hanno detto in tanti.
Tra questi ricordo Popper.
E almeno se la si vede dalla prospettiva della specie umana,
questa è verità.
Certo è anche un gran casino, che si può e si deve
aggiustare.
Ma in mezzo a tutte le disgrazie, guerre, povertà malattie,
mai prima d’ora una percentuale maggioritaria della popolazione mondiale si era
trovata in condizione di relativo benessere, di decorose condizioni sanitarie,
di istruzione.
E non è solo questione relativa, percentuale.
E’ in termini di numeri assoluti che la questione è
impressionante.
Si parla di miliardi di esseri umani che per lo meno
possiamo dir che se la cavano.
Il compito, quindi, è portare tutti in quelle condizioni.
E poi migliori.
E’ l’evoluzione che ci ha portato fin qui.
E quella prima descritta è l’evoluzione già in atto.
A cui bisogna tutti partecipare.
Per concludere
Mi chiedono spesso perché io muova continuamente le dita e
le mani.
Ecco, non è un movimento consapevole, ma credo che sia uno
dei miei modi di cercare di far battere continuamente le ali della farfalla.
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